martedì 27 marzo 2012

mi hai lasciato senza parole (come una primavera)



Questa è una storia d'amore, folle e bellissima come tutte le storie d'amore che si rispettino.
E' la storia d'amore di molti amanti con le stesse passioni.
E' la storia del mio cuore che batte di musica e di voglia di fare (bene) del bene.
La storia di Laerte che non se lo fa ripetere due volte e diventa in 3 secondi uno dei migliori direttori di orchestra mai conosciuti.
La storia di Milena che mi vuole bene e che "la musica è la parte migliore della vita."
La storia di Jerry che spacca rullanti e "facciamo un inedito che spacca" e "paraparaparaparaparaparapà".
E' la storia di Big John che "vedrai che ce la facciamo e sarà una figata" e poi "c'ho già un giro pronto".
La storia di Gigi che sulla fiducia, dopo il lavoro attraversa tutta la città (e oltre) e "cosa devo cantare?!?" (ovviamente in sedicesimi che sennò poi il lavoro è troppo facile)
La storia di Gabri che lucida la batteria ma poi "io faccio il tappeto di tastiera"
La storia di Tore che "bella proprio, Lae prova a fare così..." e adesso ci vuole una cena tutti insieme
La storia di Lily che "giochiamo a nomi, cose, fiori e città!" e poi nei mestieri con la P "va bene lavoratore di pollami?!?" "te la passiamo a 5 per l'originalità"
La storia di Lars che riceve una telefonata all'una di notte da una sala prove e in 2 gg la sala registrazione è nostra per la domenica mattina che la disponibilità è sempre una bella cosa
La storia di Matteo che "facciamo uscire le voci" e noi grati
La storia di cornetti mangiati in sala registrazione domenica mattina e birre in sala prove venerdì sera.
La storia di notti insonni a suonare, progettare...sognare.
E' una storia d'amore fra persone che sono inciampate su una mia idea strampalata, come su una buccia di banana lasciata cadere per caso, e poi sono diventate un'organismo polimorfo e polifonico.
E io mi sono innamorata persa della spontaneità di questa storia, della sua capacità di coinvolgere tante persone in così poco tempo, della possibilità di sentirmi viva e pulsante in mezzo ad altri, altri che mi sembra di conoscere da sempre anche se è solo ieri.
Mi ha colto impreparata, tutta questa follia d'amore; ci sono cascata con tutte le scarpe e ne sono contentissima.
E ora mi sento come quelle volte (storiche) in cui percepisci che stai vivendo una cosa grande, unica e a suo modo irripetibile, che non dimenticherai mai...e la cosa più bella in assoluto è che sai che sarà così anche per tutti quelli sono con te.
Andremo lontano (o anche no), ci dimenticheremo i volti (o anche no), no saremo più gli stessi (o anche si) ma quando ci rincontreremo sarà come deve essere e comincerà con "ti ricordi quando insieme....."
Son soddisfazioni.

sabato 17 marzo 2012

C'era una volta...


C'erano sabati sera che di uscire proprio non se ne parlava, sabati che patatine, plaid, gatti e un film da guardare vicini sul divano, e non mi sentivo vecchia neanche un po'.
C'erano colazioni a letto con le fragole e i mirtilli, e giardinaggio da fare discutendo su travasi da fare o non fare.
C'erano cene con talmente tanti amici che bisognava fare dei turni, questa settimana loro la prossima gli altri.
C'erano mattine infinite di pigiami e sguardi assenti, ognuno assorto nelle sue cose.
C'erano pulizie da fare un po' imbronciati.
C'erano parole che potevano essere pronunciate solo in orizzontale.
C'erano mostre da vedere insieme per non essere mai d'accordo "non so se mi piace o mi fa schifo".
C'erano domeniche all'ikea, che "ma no, non ci sarà nessuno oggi" e poi si era i soliti millemila.
C'erano week end fuori porta, che si tornava carichi di bottiglie di vino e formaggi.
C'erano sere di frutta tagliata a pezzetti in una coppa di vetro, candele accese e un letto che "anche fosse tutto qui sarebbe bellissimo".
C'erano doccie che "ho dimenticato le ciabatte, mi porti l'asciugamano?".
C'erano mondi che si sfioravano senza mai fondersi l'uno nell'altro se non per pochi istanti.
C'erano sorrisi e lacrime, sussurri e grida.
Tutto moltiplicato per due.

mercoledì 14 marzo 2012

la maledizione del kiwi

[Prologo] L'Italia è la seconda produttrice al mondo di kiwi, dopo la Cina, con 430.000 tonnellate annue. Il 95% della nostra produzione è destinata all'esportazione e nei nostri supermercati/mercati/ortofrutta si vendono solo kiwi neozelandesi.[Fine prologo]




Avete mai notato che i kiwi saltano dalla fase "kiwi di marmo" alla fase "kiwi in putrefazione" senza mai passare per la fase "kiwi maturo buono da mangiare"?!?
Sarà per via dei millemila km che si devono fare per arrivare qui da noi partendo dal paese degli All Blacks o per il fatto che vengono raccolti dalla pianta poco più che "neonati", ma i kiwi non raggioungono mai la maturazione.
Io la chiamo "la maledizione del kiwi". Poverino...gira mezzo mondo per essere mangiato e apprezzato da noi e una volta arrivato fallisce il colpo. E' un po' come un appuntamento galante senza bacio della buona notte. Come tre ore di proiezione con la corrente che salta sulla scena finale del film.
Ecco, io in questo momento della mia vita sono in piena "maledizione del kiwi".
Sono incastrata tra la fase della vita "da pischella" e la fase "da povera zitella" con l'incapacità di entrare nella fase che mi sarebbe più consona "da donna adulta".
Non che sia questa una sensazione nuova per me, ho già avuto svariate "maledizioni del kiwi" nella mia vita e a quanto pare ne sono uscita viva. Il fatto è che adesso proprio non mi va.
Il fatto è che adesso questa fase di mezzo non me la voglio perdere, ci voglio stare dentro, sguazzarci un po' cercando il mio modo di essere kiwi-buono-da-mangiare.
E' che non è facile infilarsi nel posto giusto al momento giusto...arrivare agli appuntamenti della vita sempre pettinati, truccati e con il vestito ben stirato. Io di solito arranco, cercando quanto meno di riuscire a prendere il treno in corsa, affannata e scarmigliata. Ovviamente così facendo capita spesso che il treno mi passi davanti lasciandomi a terra.

Mi hanno detto però, che se metti una mela accanto alla frutta acerba, questa la aiuta a maturare.
Stai a vedere che per spezzare la maledizione del kiwi basta avere accanto una mela...son scoperte.

giovedì 8 marzo 2012

Ylenia, autoritratto, inchiostro su carta (digitale), marzo2012

Questa sono io. Non pensare di sapere cose che non ti ho detto. Non giudicarmi pensando di azzeccare.
Sono quella che troppo spesso non si accorge di ferire con le parole.
Sono quella che di parole ne usa sempre troppe, e spesso sbagliate.
Sono quella che fa troppe domande, perchè vuole sapere tutto, sempre di tutti.
Sono quella che si dà sempre a cuore aperto, spendendo un sacco di energie.
Sono quella che non sa da dove vengano tutte le energie e tutto l'entusiasmo che si sente dentro.
Sono quella che deve dire sempre la sua, purtroppo.

Sono quella che guardi e hai capito tutto, che è tutto lì, scritto sulla mia faccia e nei miei gesti.
Sono quella che non c'è proprio niente da interpretare, dico quello che penso e non intendo altro.
Sono quella che le cose scontate proprio non le sopporto...il luogo comune mi fa venire l'orticaria.
Sono quella che è troppo bello abbracciarsi, dimostrarsi l'affetto con i gesti più che a parole.
Sono quella che si vede invecchiata, in quelle rughe che cominciano a spuntare, nei capelli bianchi da tingere.
Sono quella che la dieta mi fa tristezza, troppa, e quindi non la faccio mai.
Sono quella che tutte le sere cenerebbe in compagnia.
Sono quella che non sa stare seduta composta, che mi siederei ovunque piuttosto che su una sedia.
Sono quella che non sa stare ferma e/o zitta se c'è della musica nell'aria.
Sono quella che ci deve sempre essere musica nell'aria.
Sono quella che inventa una nuova parola al giorno, il neologismo è la mia missione.
Sono quella che sbaglia, spesso, e che fa una fatica boia ad ammetterlo, ma che sa chhiedere scusa e che prova ad imparare dagli errori.
Sono quella che và come un treno in ogni cosa, e poi inevitabilmente si schianta.
Sono quella che dopo lo schianto riparte come un treno, che "il senno di poi" è una religione (si ricade sempre nel peccato).
Sono quella che vuole tutto e non vuole niente.
Sono la contraddizione fatta persona, la montagna russa vivente del pensiero.
Sono quella che le cose sono bianche o nere o di colori accesi, le tinte pastello e melange sono degli errori o degli orrori.
Sono appassionata e passionale, sono un fuoco che brucia.
Sono quella che le cose si vivono fino in fondo...che il fuoco lo conosci solo se lo tocchi e ti bruci, poi con calma ti lecchi le ferite.
Sono quella che non ha paura mai di essere quella che è davanti al mondo.
Sono quella che ha paura che gli altri non siano quello che sembrano.
Sono così come mi vedi, non darmi dei nomi, non attaccarmi etichette, non cercare di rendermi diversa.
Lasciati attraversare, lasciati toccare e spettinare, vacilla sulle tue sicurezze, mescolati con me e poi lasciami essere quella che voglio essere.

mercoledì 7 marzo 2012

se vuoi ti faccio un disegnino...

Le donne (io in prima fila, mano alzata) desiderano cose che l'uomo "non ce la può proprio fare", neanche a pensare. Allora spieghiamoglielo a questi maschi, diamogli due dritte per farci contente con poco!
Primo, fra tutti gli elementi vincenti della seduzione, è il fattore sorpresa - fondamentale - che tramuta la cosa più stupida in un'apparizione della Madonna di Fatima.
Io dico, non ci vuole molto, a pensare che un gesto carino e inaspettato può svoltarti la giornata...chessò, un bigliettino nascosto nell'agenda o nel portafogli, un messaggio divertente, un fiore raccolto al parco andando all'incontro.
Per chi ha velleità artistiche un disegno con i suoi colori, un giro di accordi che suona proprio come lei.
Farsi trovare sotto casa o all'uscita dalla palestra, con un bel sorriso stampato in faccia e un cesto di fragole per cena.
Improvvisare un picnic al parco, con copertina e cuscino, per rimanere naso all'insù, a guardare le stelle.
Non servono grandi cose per far sentire una persona speciale, eppure tutte le migliori sceneggiature d'amore sembrano prerogativa del sesso femminile, come peraltro l'intraprendenza (con stile) e l'ironia.
Mi domando cosa si debba fare per convincere questi uomini che la prima mossa dovrebbe essere la loro, e che possono anche correre il rischio di un 2 di picche, che, proveniente da una donna sarà sempre sufficientemente edulcorato. Una mia saggia amica sui 50 anni lo dice sempre, i maschi di una volta erano diversi...ormai sono rimasti pochi esemplari fabbricati con lo stesso stampo.
Poi vedi ragazze strapparsi i capelli per accaparrarsi un modello d'uomo "old style"... invece di stupirti comincia a picchiare anche tu, si sa mai che ti riesca di spuntarla sulle altre.
Ma non lo fanno un manuale di regole della seduzione ad uso e consumo maschile? no, perchè c'avrei giusto giusto quei 10-20 regali da fare...

martedì 6 marzo 2012

stai tranquilla non è niente, è solo vita che entra dentro...(cit.)

Guardo quella donna nello specchio, che dovrei essere io, e spesso stento a riconoscermi.
La fisso a lungo, cercando nelle pieghe della pelle, nel brillio dello sguardo, nelle espressioni del viso quella me che sento respirare lenta.
Mi domando quanto di me passa attraverso questo corpo che mi porto in giro e che spesso non governo come vorrei.
Mi chiedo se la forma delle labbra dica già di per se che sono una persona che ama parlare e baciare, e se i miei occhi con le ciglia tanto curve e tanto lunghe siano stati pensati da madre natura per accompagnare e nascondere meglio le mille lacrime che spesso lascio scorrere di gioia o di dolore.
E se le mie mani fossero così piccole e tozze per parlare della mia voglia di creare e di fare?!? se fossero carte di identità pronta a parlare per me?!?
Io scelgo i libri dalla copertina, o dal titolo. Dovessi applicare questo criterio alle persone mi domando se mai potrei scegliermi. Quanto la mia "copertina" parla del mio contenuto?
Uso questo mio corpo spesso solo come un mezzo per sentire, e poco per raccontare. Uso le mani come strumenti per creare, come piume per accarezzare, e poco mi curo di quello che dicono agli altri di me.
Uso la pelle come fosse uno scanner, memorizzo tocchi, superfici e percorsi.
Respiro la vita e immagazzino profumi, sapori e umori, come una spugna. Mi lascio attraversare da tutto e filtro ogni cosa, trattenendo tutto quello che mi interessa, lasciando passare quello che non serve.
E la sera quando mi guardo nello specchio non sono più quella che ho visto al mattino.
Trovo pensieri nuovi impigliati fra i capelli, scorgo colori di occhi diversi riflessi nei miei, parole prese in prestito fra le labbra.
Sono un libro con la copertina cangiante e con pagine scritte a matita, pronte per essere cancellate e riscritte millemila volte.
E ogni volta che mi apro per accogliere una nuova storia mi prende quella paura mista a eccitazione tipica di tutti gli inizi, del primo passo di un viaggio, del primo segno su un foglio bianco.
Poi la vita entra e mi travolge, e scrive e disegna dentro e su di me, lascia colori e segni nuovi, e mescola sapori conosciuti con nuovi profumi spostandomi un po' i capelli, accarezzandomi la curva della nuca, lasciandomi in fondo essere sempre quella che voglio.