martedì 17 aprile 2012

nessundove, i posti che erano miei



Hai prensente quelle volte che, senza un motivo apparente, devii dai tuoi percorsi abituali (lavoro-casa, casa-piscina, lavoro-supermarket) e ti ritrovi a percorrere strade insolite che ti sembrano come nuove, e invece sono solo rinnovate nella tua memoria?!?
Mi è capitato così ieri sera, di tornare a casa a piedi dalla piscina per un percorso un po' diverso, che non facevo da tempo.
Mentre camminavo lungo il marciapiede lo sguardo vagava intorno alla ricerca di dettagli nuovi e di conosciuti punti di riferimento.
E' così che l'ho visto, un nessundove nuovo che mi ha tramortito come tutti i nessundove (e solo loro) sanno fare. Un cartello enorme di "affittasi" era lì a raccontarmi di un'altro luogo scomparso, di un'altro luogo che ormai esiste solo per me e per quelli gli altri che hanno avuto modo di viverlo e da adesso nessuno più.

Quel negozio accanto al quale mille volte ero passata con il naso incollato alla vetrina immaginando di vederla catapultata con il suo contenuto nella casa che stavo fantasticando per me, adesso è solo un posto abbandonato e pieno di polvere che nulla ricorda dei sogni che gli avevo attaccato addosso come tanti palloncini pronti a volare in alto.

Quanti nessundove lungo i percorsi della mia vita...luoghi trasformati, calpestati da persone che non sanno, che non possono immaginare quello che voglia dire per me.
Al posto di quella panchina carica di parole sussurrate e di promesse infrante adesso ci hanno fatto un parcheggio, al posto di quel prato dove cuori si scaldavano al sole e chitarre suonavano amicizie e grandi progetti adesso c'è un negozio di elettronica.
E quasi mi fa male guardare la gente che ai miei nessundove ci passa accanto, o li attraversa senza sapere nulla, senza cogliervi nulla di quello che sono stati per me e per altri che li hanno vissuti.
Ok, non tutti possono essere piccoli archeologi di storie (anche inventate, chiaro!) come me.
Ma mi piace pensare che ognuno abbia i suoi nessundove da ricordare, da rivendicare e da amare, come un pezzo di vita che non è più ma che continua ad esistere dentro di noi, e solo per noi con la sua accezzione tutta particolare.
Per me ci sono millemila livelli in ogni luogo, mille storie che si intrecciano in una strada, ad una fernata del bus, sopra i gradini di una scuola, e mille altre ce ne saranno anche quando questi luoghi saranno divenuti altro.
Nessundove stratificati di vite, incrostati di significati diversi per ognuno, nessundove pieni di gente e di cose, nessundove di luoghi che non sono più qui e ora, ma rimangono lì, sempre e per sempre, ad allestire la scenografia della nostra storia.

Mi sono fermata ieri, davandi a quel luogo di cose passate, di sogni svaniti e di ricordi di una me che non esiste più...e sono tornata indietro nel tempo con la mente per riviverlo come lo avevo conosciuto.
Perchè la cosa interessante dei miei nessundove è che sono come capsule del tempo, dove basta entrarci per tornare con tutti e 5 i sensi indietro a quando tutto era esattamente così some lo ricordavo, vivo, pulsante e per me.


domenica 15 aprile 2012

la corsa dei miracoli

Poco meno di 4 ore fa tagliavo a braccia alzate il traguardo della Milano City Marathon Relay, dopo aver regalato a tutti i fotografi degli ultimi 2 km le mie migliori linguacce rockettare...maccheccentra XD

8 km in 59' 29'', che vuol dire che ho corso ad una media di 1km in 7' 37'', 8 km orari.
Il keniano vincitore della maratona ha corso i 42,195 km in un 2 ore e 8 minuti.
Questo giusto per darvi un'idea.

Ma adesso ve li racconto io questi 8 km in un'ora, perchè dentro ci sta un sacco di roba.

C'è una sveglia stamattina alle 6 per andare alla partenza a caricare lo spirito e a veder partire la mia prima compagna di corsa, Lucrezia - Superlù che con un grande sorriso ha reso il mio inizio di giornata decisamente più soleggiato (almeno dentro di me).
Ci sono tante ore passate ad aspettare il mio turno per correre, sotto la pioggia, guardando gli atleti passare con lo sguardo alla ricerca del mio compagno Maurizio per il  passaggio del testimone, e la terza Rundagia Simona che mi da il cambio nell'attesa per risparmiarmi qualche minuto di acqua.
Ci sono saltelli e corse sul posto e stretching che il freddo ha congelato e contratto tutti i muscoli del corpo e devo farli scaldare in fretta mentre corro perchè siamo partiti tardi e voglio recuperare un po' di tempo, un po' di postazioni.
C'è un crampo forte, al secondo chilometro, che mi blocca tutto l'addominale destro e che per un secondo mi fa pensare che non ce la posso fare, che devo fermarmi...ma nelle cuffie arriva nitido il Liga (com'è finito nella mia playlist cambiata ieri ancora non lo so, ma adesso ha un senso)

"Con la rabbia ci si nasce
o ci si diventa
tu che sei un esperto non lo sai.
Perché quello che ti spacca
ti fa fuori dentro
forse parte proprio da chi sei.

Metti in circolo il tuo amore
come quando dici "perché no?"
Metti in circolo il tuo amore
come quando ammetti "non lo so"
come quando dici "peché no?"

E mi concentro sulle parole e respiro a fondo e mi dico che no, che non mollo cazzo, perchè è da settembre che mi alleno per questa corsa, che ho sudato faticato e voluto con tutta me stessa.
Il crampo può andare al diavolo, io non mi fermo...e deve avermi sentito perchè dopo 5-10 minuti di sofferenza è sparito.
C'è il momento magico dell'equilibrio, più o meno a metà gara, quando finalmente il respiro acquista il suo ritmo ed entrano in gioco le gambe...e allora gliel'ho detto: "ragazze adesso tocca a voi"...le ho battute forte con i palmi delle mani e gli ho chiesto di fare il loro dovere, di fare quello per cui sono nate: mettere un piede davanti all'altro, senza fermarsi.
E poi ci sono gli ultimi due chilometri...bellissimi, dove la pioggia ha cominciato a battere più forte e ho chiesto ai volontari del punto ristoro che invece dell'acqua mi offrissero un pò di sano tifo da stadio e gli sono corsa sotto al gazebo battendo forte le mani, non si sono fatti pregare e li ho lasciati sorridendo sotto lo scroscio mescolato dei loro applausi e della pioggia che sembrava volermi lavare via la fatica.
Ci sono mille fotografi che hanno scherzato con me con i loro obbiettivi, chiedendo un sorriso, un segno di vittoria, anche loro sotto la pioggia e al freddo da stamani.
Ci sono i vigili che mi guardano un po' preoccupati perchè corro l'ultimo chilometro sorridendo e cantando "run with us, run with us, run with us, you gotta run with us", ma loro che ne sanno di quanta energia c'è dentro a quella canzone ;-)
E infine un traguardo, che mai mi è apparso così bello, con dietro i signori pronti con acqua e frutta che "mangia tusa che te si stà brav" :-)

Oggi tante cose hanno preso un senso nella mia testa...alcune importanti, altre che diementicherò in fretta.

Certo non dimenticherò l'atleta africana che nello spogliatoio, proprio accanto a me, sistemava la sua protesi sotto il ginocchio per la corsa e guardandomi fare stretching con i suoi occhi neri e grandi mi ha sorriso toccandomi il cuore.
Non dimenticherò le parole si Sara, una giovane atleta che ha calmato la mia ansia da prestazione dicendomi "la corsa è bella per questo, ognuno può andare alla sua velocità, sei solo tu a decidere il tuo obiettivo e il tuo limite".
Ho imparato che non esiste disciplina più forte di quella che ti puoi imporre da solo.
Che c'è sempre un passo in più oltre a quello che credevi essere proprio l'ultimo in grado di fare.
Che la corsa in un certo senso è come una metafora della vita: tutti sanno mettere un passo dopo l'altro, ma se vuoi ottenere dei risultati, raggiungere un traguardo, metterti alla prova e soprattutto sentirti davvero soddisfatto di te, ci vuole fatica, costanza, autodisciplina, determinazione e tanta tanta passione.



giovedì 12 aprile 2012

in attesa del Big Bang


Sarà che la primavera comincia a farsi sentire con le giornate più luminose, il sole più caldo e i soffioni e le margheritine sbocciati sui prati...
Sarà che è qualche mese che mi sto arando il terreno dell'anima, dissodandolo e concimandolo bene per accogliere qualsiasi seme decida di mettere radici dentro di me...
Sarà pure che è il naturale ciclo delle cose, che le fasi lunari sono sempre le stesse e regolano la vita di tutti...
Ma io in questi giorni non ci sto più dentro.
Mi sento addosso un pullulare di millemila sensazioni, emozioni, pensieri e desideri che la metà già sarebbe stata troppa.
Mi sento come una pasta a lievitazione naturale, che hai voglia a fermarla, dopo tre secondi è già di nuovo lì che cresce.
E fremo e allo stesso tempo tremo, all'idea del caos primordiale che mi cresce in testa in attesa del Big Bang, che lo so...prima o poi arriverà e a quel punto sarò fritta.

Vorrei arrestare la corsa, vorrei raffreddare tutto, meglio ancora congelarlo, che le esplosioni sono un gran spettacolo ma possono anche essere pericolose. Vorrei chiudermi in un barattolo, chiusura ermetica e via, non ci si pensa più. E invece c'ho un fermento dentro che non mi lascia in pace...
Pettino i pensieri, faccio ordine, divido le cose buone da quelle che non, le cose che si e quelle che no e dopo un'attimo è tutto dinuovo per aria, confuso, mescolato, arruffato.

Voglio stare a letto tutto il giorno, no, voglio andare al parco tutto il giorno, no, voglio mangiare un gelato camminando per strada, no, voglio stare per ore a guardare le nuvole per vedere che forme posso assumere, no, voglio imparare a giocare a sudoku (ma che dico, il sudoku mi fa schifo), no, voglio fare mille coroncine di margherite, no, voglio fare un pic-nic al fiume (quale fiume, boh!), no, voglio parlare per ore dell'etimologia delle parole con un wikizionario umano, no, voglio cantare tutte le canzoni che conosco e anche quelle che non (tanto invento le parole che è un piacere), no, voglio un amico da abbracciare, capelli da intrecciare, parole da sussurrare, no, voglio qualcuno che mi racconti delle storie divertenti, no, voglio stare sdraiata con la testa poggiata sulle ginocchia di qualcuno che mi accarezzi i capelli, no, voglio dipingere seduta a gambe incrociate sul pavimento di casa mia e la testa nel mondo della mia fantasia.

Non so se ho reso l'idea.

Ok, adesso ditemi che è normale...che capita a tutti, che è solo "il cambio di stagione", che "è tutto a posto vedrai che passerà"...

mercoledì 11 aprile 2012

che rumore fa la felicità (cit.)



Oggi camminavo per strada e su un piccolo pezzo di marciapiede riasfaltato da poco sono stata rapita dal rumore (delizioso) delle suole di gomma sulla brecciolina appena posata che scricchiolava con quel rumore tondo e morbido di un biscotto sbriciolato.
Così per sinestesia mi è tornato in mente il profumo del mare e l'immagine di quella spiaggia dove molte volte mi sono fermata la sera ad ascoltare i ciottoli fare lo stesso suono rotolando gli uni sugli altri spinti dalla risacca.
Quanto poco ci soffermiamo sui suoni, soprattutto quelli a noi più familiari...come fossero accessori.
Solamente ora che vivo da sola e gli unici "rumori" della mia casa provengono da me e dai due baffuti, mi accorgo di quanti suoni sono scomparsi dalla mia vita, lasciando un silenzio che grida la loro assenza.
Spesso sono la prima a non ascoltare la voce delle cose intorno a me, preferendogli della musica alta nelle cuffie, ma se ci penso con attenzione ho mille suoni a cui forse per abitudine, non riuscirei a rinunciare.
Il rumore sordo degli autobus che scivolano ad intervalli regolari sull'asfalto liscio della mia via, i passi ciondolanti di Mitzi sul pianerottolo quando rientra dopo la passeggiata serale con la sua padroncina, le fusa diverse dei miei due mici, il ticchettio appena percepibile dell'orologio da muro che diventa insopportabile nelle notti di insonnia.
E poi ci sono i rumori delle persone, quella risata tipica, quel modo particolare di schiarirsi la voce, il rumore di quel passo che è unico e riconoscibile...
Ci sono suoni poliedrici come quello della pioggia, percussionista della natura che cambia di timbro in ogni dove si decida a cadere...la pioggia sulle tegole di un tetto in campagna che risuona come una grancassa o la pioggia sottile che frusta l'erba con quel fruscio che accompagna l'odore di terra bagnata e di nostalgia, o per chi ha mai avuto la fortuna di fermarsi ad ascoltarlo, il suono della la pioggia sulla spiaggia che è un mix incredibile di sabbia che ovatta e di tintinnii acuti di acqua che cade su altra acqua e mi ricorda il suono del triangolo che alle elementari tutti volevamo suonare (che il tamburello suonalo tu che a me non piace).
Ogni cosa ha una sua "voce" con cui ci parla di sé, con la quale si colloca nella nostra memoria e nella nostra storia.
Non è mai la stessa voce per tutti, ma è solo quella che noi siamo predisposti a sentire, quella che sappiamo ascoltare. Come esiste "l'orecchio musicale" esiste anche un orecchio per la vita, ognuno ha la sua sensibilità in questo.
Ci sono situazioni che urlano e oggetti che sussurrano, luoghi che fanno caciara e persone che stanno in silenzio...e il silenzio è il suono più forte che si possa ascoltare.
Per questo solo in pochi lo sanno sostenere e i più si insinuano con parole per occuparne lo spazio, come se il silenzio non ne occupasse in abbondanza. Certi silenzi sono talmente pieni a volte che è difficile contenerli, che dilagano ammutolendo tutti, lasciando le parole smorzarsi in punta di lingua e i pensieri vagare sospesi senza espressione.
Ma il suono che rimane per me sempre il più affascinante è quello del cuore...sentito per la prima volta attraverso un ecografo o tutte le sere poggiando l'orecchio sul petto della persona che ci dorme affianco.
Il nostro non lo sentiamo quasi mai, udirne la voce non è facile come avvertirne il battito.
Io ho il mio piccolo segreto quando voglio sentire il mio motorino nascosto...vado in piscina o meglio ancora al mare e comincio a nuotare per scaldarlo un po'... poi mi fermo, svuoto l'aria dai polmoni e mi lascio scivolare sul fondo, così a poco a poco il fruscio dell'acqua lascia spazio al battito sordo...tum-tum, tum-tum, tum-tum.è tutto lì mi dico, tutte le voci del mondo sono racchiuse in quel suono sommerso nel petto, in quel piccolissimo strumento che ci fa sentire la vita non solo con le orecchie.



giovedì 5 aprile 2012

In & Outside


Io con questa storia dell'appartenenza c'ho sempre avuto dei grossi problemi.
Ero sempre fuori o dentro in opposta tendenza rispetto a tutti gli altri.
Quando in adolescenza tutti volevano essere "in" compagnia io ero quella che si sentiva diversa, che stava "fuori".
Jack frusciante (è uscito dal gruppo) ero io. Sono io.
Sono dentro a tutto e fuori da tutto, vedo gente faccio cose (cit.) e non mi sento mai "con" nessuno, mai "dentro" qualcosa. Mi manca la profondità dell'esperienza, lo spessore del rapporto con le persone.
Probabilmente è la dimensione della vita di oggi, del modo sociale di creare legami instabili e superficiali, dell'esaltazione continua della flessibilità in ogni campo della vita.
Non che non mi piaccia in un certo senso non appartenere a niente e a nessuno, ma qualche volta mi fa sentire senza radici. Perchè appartenere a qualcuno, sentirsi parte di qualcosa o sentirsi propri di un luogo ti da una stabilità che altro non. Ti definisce in una parte di te, della tua storia e del tuo essere senza necessariamente inchiodarti in un punto o vincolarti per sempre.
Adesso mi sento in nessundove e dinessuno, e mi va bene, ma anche no...perchè l'aggettivo possessivo "mio" a me è sempre piaciuto un sacco. Sa di conoscenza e intimità, sa di legame forte e di protezione, di includente per pochi e di escludente per molti altri, il che, rende quei pochi molto speciali gli uni per gli altri.
Vorrei condividere di più, ricevere di più, sentirmi appartenente a qualcuno in un modo tutto mio, vorrei ascoltare storie in cui sentirmi "dentro" e accogliere altri in storie solo mie.
Vorrei avere uno spazio mio negli altri, così come gli altri occupano uno spazio preciso dentro di me.
Mi sento un lottatore di sumo al contrario...vorrei includere nel mio cerchio anzichè escludere.
Ma poi ci sono mille pensieri a ostacolare, mille impegni che "non ho tempo", mille scuse da raccontare per nascondere il timore di un incontro vero e più profondo del "ciao, come stai e il lavoro come va?".
Ho ancora quel vizio di camminare sulle righe a bordo marciapiede, di salire su muretti e rialzi per camminare in bilico sul bordo, come un equilibrista sulla corda...cercando di non cadere.
Solo che ultimamente non mi va più tanto di vivere sempre sul confine delle cose...ultimamente mi andrebbe un pò di lasciarmici cadere dentro, camminarci attraverso.
Vorrei essere dentro a qualcosa che sento mio, vorrei trovare la mia strada, il mio passo, il mio battito e quello di altri per me. Queste si che sono ambizioni <3

martedì 3 aprile 2012

RGB CMYK cartelle pantone e legno rosso del Brasile


[questo post nasce da uno spunto arrivatomi leggendo la mia "maestra di Blog" Lara, thank you my dear!]

Vivo in un mondo a colori, come tutti da un certo punto di vista. Ma i colori del mio mondo li vedo solo io (anche senza l'uso di sostanze allucinogene).
In particolar modo vedo a colori luoghi e persone, come attraverso delle lenti colorate...e non è facile da spiegare.
Mi capita così da sempre, quando vedo una persona o un luogo, di attribuirgli un colore e di spennellarglielo addosso in modo indelebile nella mia mente.
In questi giorni in particolare ho un arlecchino dentro, per tutti i nuovi luoghi, persone e colori che ho aggiunto alla mia libreria campioni (Photoshop addicted).
Con le persone è un processo di colorazione lento, c'è un colore d'impatto che normalmente si stabilizza a mano a mano che le conosco, che riesco a leggergli dentro, mentre con i luoghi è più facile e i toni sono più leggeri, più trasparenti.
Mia madre è blu, da sempre e probabilmente per sempre, quel blu di acqua di mare quando è un po' torbida per via dell'alta marea, un blu pullulante di vita e profondo, mutevole nelle sfumature e sempre uguale nell'intensità.
Mio padre è nero, un nero caldo di cioccolata extrafondente che non mi piace da mangiare ma che ha un profumo buonissimo, un nero solido e forte che non sbiadisce e non muta, che nasconde e protegge.
I miei gatti sono color caffè e cioccolato, di sveglie troppo presto e di dolcezze prima di andare a dormire, di semplice e amata quotidianità.
C'è la mia amica del cuore che è arancio d'ambra e rame come il colore dei suoi occhi e come la capacità tutta sua di farmi aprire e riscaldarmi il cuore, che quando siamo insieme tutto va bene e tutto ha il senso che cerco sempre.
E il mio migliore amico che è giallo brillante, energia e serenità insieme, come il colore del sole, forse perchè ha sempre fatto tanta luce dentro di me, illuminando quei luoghi bui dove ogni tanto mi sono persa.
Ma ci sono un sacco di colori nuovi che mi girano intorno...
Ho un'amica che ha preso il suo colore da poco, ed è rosso sangue, quel rosso denso e scuro, pulsante di vita e di violente passioni, e io la penso così quando mi viene in mente con i suoi riccioli neri e quel vezzo di alzarsi ogni tanto sulle punte dei piedi.
C'è un verde curioso, di ascolto e di scoperta che ancora non ha preso la sua tonalità definitiva, e non ho le percentuali di giallo e blu per riprodurlo dentro di me, è ancora un verde di sottobosco cangiante alla luce che filtra tra i rami, intravisto dentro uno sguardo di sbieco.
C'è un azzurro cielo, aperto e limpido che viene da respirarlo a pieni polmoni e mi fa sentire tranquilla e sorridere e lui neache lo sa, perchè gli viene naturale così di essere azzurro e terso.
C'è un blu elettrico, irrequieto e sfuggente che spesso si tinge di un pò di rosa e diventa viola velluto di abbracci spontanei e allo stesso tempo impacciati, di focaccia condivisa e di sorrisi lunghi e muti.
C'è un rosa confetto, di dolcezza e di fragilità, di piccole attenzioni e di fresco entusiasmo.
C'è un beige di grande potenziale e di calma, il colore della sabbia d'estate, morbida e accogliente, calda e apparentemente umile, che poi pero' te la ritrovi per giorni nelle borse e fra i vestiti.
C'è un viola bello e misterioso, un viola di rosso e azzurro cielo mescolati insieme, di fascino e semplicità dosati con cura, che poi il bello del viola sta proprio in questo equilibrio fra i due colori.
E c'è un bianco incredibile, che non pensavo che nessuno mi sarebbe mai apparso bianco e ivece...alla fine è solo l'insieme di tutti i colori, follemente mescolati e oscillanti nelle diverse frequenze.

Io in questi colori ci sto un bel po'...mi ci rivesto con il pensiero, li riproduco con i miei pennelli e li rivivo per me. Sono le carte di identità delle persone nella mia vita, mi raccontano di loro, li identificano nella mia storia e nel mio "sentire" del mondo.
Io non ho capito ancora che colore sono, non mi è dato vedermi dall'esterno, e quindi mi sento un pò come un caleidoscopio dalle mille possibilità di colori accostati tra loro, un arlecchino casuale e sempre in mutamento, ma forse il bello sta proprio lì quanti colori ci sono TANTISSIMI!!! ;-)







lunedì 2 aprile 2012

la mancanza


Non si può leggere la mancanza: solo avvertirla. (cit.)

La luce sospesa di un'alba che fa fatica a illuminare, che si apre lenta e si fa spazio nella la nebbia che ricopre il mare. Così si muove nel cuore quella sensazione di incompletezza che no, speriamo proprio non diventi insoddisfazione.

E' un puzzle di cui hai perso un pezzo e proprio non ti sai dare per vinto, ogni tanto ti chini e guardi sotto il divano, che non si sa mai. E' il tuo piatto preferito a cui hai dimenticato di mettere il sale e già sai che se lo aggiungi dopo non avrà lo stesso sapore.

Mi sento così quando mi ritrovo a pensare che nella mia vita c'è già tutto ma non è comunque abbastanza.
Perchè sento che manca ancora quel "qualcosa" che non so dire, quel qualcosa che dia il senso e la direzione allo sguardo e ai pensieri.
Perchè ci sono giorni in cui basta la mia canzone sparata a tutto volume nelle cuffie e il mondo torna al suo posto, e ci sono certi giorni che no.
Certi giorni non c'è niente che basta a colmare.
Ogni pensiero si interrompe a metà e rimane sospeso, incompiuto, e apre la porta a mille punti di domanda, che bussano forte alle tempie.

Ricerco intorno a me le risposte "giuste", come si cercano fiori in un prato...un pò vagando, lasciandomi trasportare dai profumi e dai colori, con la consapevolezza che da qualche parte, in qualche luogo, fra le pagine di un libro, negli occhi di un'altro, fra le note di una melodia è racchiuso quello che sento mancare dentro di me.

E la mancanza che avverto è buona e amara, sa di attesa e di trepidazione, di speranza e disillusione.

Cammino sola e guardo intorno il mondo che non mi cerca, che non ha bisogno di me e mi sento una tossica in astinenza perchè io di questo mondo ho sempre sete, ho sempre bisogno di sentirlo attorno e di attraversarlo a grandi passi.

Sento il rimbombo di spazi vuoti da riempire nella mia vita e ci sto dentro come in una stanza, cantandoci i miei desideri, immaginandoli pieni di idee e progetti e persone, e disegno sui muri con la fantasia come con le cere quando ero bambina.

Apro porte di luoghi miei perchè diventino di altri, aspetto...
seduta per terra, gambe incrociate, spalle appoggiate al muro e lo sguardo rivolto all'ingresso che arrivi una nuova emozione a riempire lo spazio.