giovedì 5 aprile 2012

In & Outside


Io con questa storia dell'appartenenza c'ho sempre avuto dei grossi problemi.
Ero sempre fuori o dentro in opposta tendenza rispetto a tutti gli altri.
Quando in adolescenza tutti volevano essere "in" compagnia io ero quella che si sentiva diversa, che stava "fuori".
Jack frusciante (è uscito dal gruppo) ero io. Sono io.
Sono dentro a tutto e fuori da tutto, vedo gente faccio cose (cit.) e non mi sento mai "con" nessuno, mai "dentro" qualcosa. Mi manca la profondità dell'esperienza, lo spessore del rapporto con le persone.
Probabilmente è la dimensione della vita di oggi, del modo sociale di creare legami instabili e superficiali, dell'esaltazione continua della flessibilità in ogni campo della vita.
Non che non mi piaccia in un certo senso non appartenere a niente e a nessuno, ma qualche volta mi fa sentire senza radici. Perchè appartenere a qualcuno, sentirsi parte di qualcosa o sentirsi propri di un luogo ti da una stabilità che altro non. Ti definisce in una parte di te, della tua storia e del tuo essere senza necessariamente inchiodarti in un punto o vincolarti per sempre.
Adesso mi sento in nessundove e dinessuno, e mi va bene, ma anche no...perchè l'aggettivo possessivo "mio" a me è sempre piaciuto un sacco. Sa di conoscenza e intimità, sa di legame forte e di protezione, di includente per pochi e di escludente per molti altri, il che, rende quei pochi molto speciali gli uni per gli altri.
Vorrei condividere di più, ricevere di più, sentirmi appartenente a qualcuno in un modo tutto mio, vorrei ascoltare storie in cui sentirmi "dentro" e accogliere altri in storie solo mie.
Vorrei avere uno spazio mio negli altri, così come gli altri occupano uno spazio preciso dentro di me.
Mi sento un lottatore di sumo al contrario...vorrei includere nel mio cerchio anzichè escludere.
Ma poi ci sono mille pensieri a ostacolare, mille impegni che "non ho tempo", mille scuse da raccontare per nascondere il timore di un incontro vero e più profondo del "ciao, come stai e il lavoro come va?".
Ho ancora quel vizio di camminare sulle righe a bordo marciapiede, di salire su muretti e rialzi per camminare in bilico sul bordo, come un equilibrista sulla corda...cercando di non cadere.
Solo che ultimamente non mi va più tanto di vivere sempre sul confine delle cose...ultimamente mi andrebbe un pò di lasciarmici cadere dentro, camminarci attraverso.
Vorrei essere dentro a qualcosa che sento mio, vorrei trovare la mia strada, il mio passo, il mio battito e quello di altri per me. Queste si che sono ambizioni <3

1 commento:

  1. Io lo faccio sempre, camminare sul bordo dei marciapiedi o sui muriccioli che delimitano le zone verdi nei parchi. Quando ero piccola, mio padre mi offriva il dorso di una mano, e io la picchiettavo con la mia per stare in equilibrio. Ora quella mano non può reggermi, e i miei passi sfilano via decisi per non rischiare di cadere. E questo è già MIO. Però, quando esito un attimo, e sento barcollare la sicurezza che mi tiene in piedi con quel filo immaginario attaccato dietro il collo?
    Allora un NOI deve essere lì sotto, col dorso della mano teso.
    ---@

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